Biodiversità organizzativa
Il valore della diversità e il ruolo delle politiche DE&I nei luoghi di lavoro

Maurizio Massini
Esiste una biodiversità organizzativa, così come esiste in natura? Questo articolo suggerisce un approccio umano e relazionale, superando stereotipi e classificazioni, e apre la strada a riflessioni sul benessere complessivo della persona con le sue ripercussioni positive sui risultati aziendali.
In un mondo del lavoro interconnesso e complesso, parlare di diversità, equità e inclusione non è solo un’esigenza etica, ma una risorsa strategica. A qualcuno può apparire complesso, tuttavia, e spesso questi temi vengono affrontati in modo superficiale, riducendoli a slogan o iniziative di facciata. Riteniamo sia fondamentale riportare l’attenzione sulla dimensione umana, chiedendoci cosa significa davvero sentirsi inclusi. Qual è l’impatto psicologico dell’esclusione, anche silenziosa, nei contesti professionali?
Consapevoli che ogni persona reagisce a modo proprio, proviamo a formulare delle ipotesi basate sull’esperienza clinica con persone che dichiarano di essersi sentite escluse durante le loro esperienze professionali.
I dubbi sulla diversità
Il valore della diversità, non solo quella culturale, ma anche di pensiero, di esperienza e di vissuto, e l’importanza di creare ambienti di lavoro in cui ogni persona possa sentirsi riconosciuta, ascoltata e valorizzata, sono il fulcro del pensiero moderno.
Oggi, l’argomento “inclusione” e tutti i suoi correlati, sta affrontando un momento di diffidenza che impone di sottolineare nuovamente il suo ruolo centrale sia dal punto di vista etico che da quello della sua efficacia nella creazione di team variegati e in grado di creare innovazione. Una campagna denigratoria nei confronti di chi si batte per le diversità, l’equità e l’inclusione è attualmente in atto in tutto il mondo. Alcune aziende hanno fatto passi indietro riducendo i loro investimenti e le loro attività dedicate a DE&I.
Il panorama politico è rapidamente cambiato, mettendo in discussione il valore della diversità, che sembrava essere diventato un punto fermo nelle politiche HR. Quindi, si rende necessario ribadire i concetti cardine di DE&I, sottolineando che non si tratta di un vezzo intellettuale, ma di pratiche che aumentano il potenziale economico dei team di lavoro.
La diversità produce nuove idee, l’equità nelle opportunità produce il pieno utilizzo dei potenziali e l’inclusione determina il benessere complessivo delle popolazioni aziendali.
Il punto sottolineato dai suoi detrattori è che la DE&I infici la meritocrazia, in favore di una scelta ideologica in favore delle minoranze. In realtà, le politiche DE&I non limitano affatto la meritocrazia. Battersi per il diritto a non essere discriminati a causa della propria appartenenza a una categoria, socialmente significa volere che le scelte vengano fatte proprio in modo meritocratico e non ideologico.
Al contrario, discriminando le persone su base ideologica, può significare escludere e rinunciare a potenzialità di valore assoluto. Le migliori risorse umane possono essere rintracciate solo se la base analizzata è l’intera popolazione dotata di specifiche competenze tecniche e umane. Proprio l’esclusione delle minoranze implica ridurre la meritocrazia, a causa della esclusione ideologica di alcune persone.
La cultura woke e i suoi limiti
Il termine woke è un termine usato per descrivere una sensibilità sociale e politica, particolarmente attenta alle questioni di giustizia sociale, discriminazione e diritti delle minoranze. Originariamente, “essere woke” era un invito a rimanere vigili e consapevoli delle ingiustizie, come il razzismo, il sessismo, l’omofobia e altre forme di discriminazione. In questo senso, il termine ha avuto una connotazione positiva, legata alla lotta per i diritti civili. Negli ultimi anni, però, il termine è stato sempre più usato in modo critico o ironico, soprattutto da chi ritiene che la “cultura woke” abbia superato i limiti della sensibilità sociale.
Le ripercussioni sulle politiche DE&I, alimentate dai detrattori di questo atteggiamento vigile sul tema dei diritti, sono rintracciabili oggi nel rimbalzo negativo degli investimenti nelle pratiche DE&I.
Il cambio della direzione politica attualmente in atto, sta consentendo l’emergere di un sentimento di insofferenza verso quello che può venire descritto, come già detto, il superamento dei limiti della sensibilità sociale. Come dire che “i diritti debbano avere dei limiti di decenza insuperabili”.
È necessario opporsi a questo approccio, per ribadire che i diritti devono essere estesi a tutti, senza limiti.
Superare i pregiudizi
Chi si accanisce nei confronti di qualcuno senza conoscerlo, con l’obiettivo di annientarlo o marginalizzarlo, difficilmente ha delle spiegazioni razionali a supporto di tale accanimento. In ogni caso, le motivazioni possono venire costruite ad hoc con il solo scopo di giustificare le proprie scelte. Queste scelte non hanno basi razionali e scientifiche, bensì ideologiche.
Le diversità di genere, culturali, religiose, di età, legate all’identità o all’orientamento sessuale non influenzano in alcun modo le prestazioni professionali. Se la meritocrazia deve essere il criterio di ingresso nelle organizzazioni, le persone vanno selezionate senza pregiudizi legati ad alcuna appartenenza. La domanda che dobbiamo porci è: “come produrre un cambiamento culturale” che diminuisca i pregiudizi e le ideologie che colpiscono le minoranze?
La contrapposizione diretta produce l’acuirsi dei conflitti e va esclusa a priori. È invece utile sottolineare, in ogni contesto possibile, la necessità di incentivare la diversità nelle aziende. Dobbiamo però chiederci quale linguaggio usare per non produrre l’effetto contrario, ovvero il riemergere di antichi pregiudizi e credenze che hanno portato alla stigmatizzazione delle minoranze. Per raggiungere gli scopi di DE&I, dobbiamo accogliere le istanze e le preoccupazioni di chi la pensa diversamente, per poi mostrare gli indiscutibili vantaggi degli ambienti variegati. Basti pensare alla biodiversità e alla sua importanza dal punto di vista biologico. La biodiversità è fondamentale per la vita sulla Terra, poiché garantisce la stabilità e la resilienza degli ecosistemi. Ogni specie, anche la più piccola, svolge un ruolo unico nel mantenere l’equilibrio naturale. Le aziende possono essere considerate come ecosistemi in cui la diversità delle persone rappresenta un elemento essenziale per la sopravvivenza.
Così come la biodiversità in natura rende gli ecosistemi più resilienti, sostenibili e innovativi, allo stesso modo azioni che promuovono DE&I in azienda rendono le organizzazioni più resilienti, sostenibili e innovative. La biodiversità aiuta gli ecosistemi ad assorbire meglio gli stress e a mantenere funzionalità ecologiche stabili, così come la DE&I alimenta la creatività e l’innovazione nei team.
La natura, la più complessa delle organizzazioni, dimostra che la sua composizione diversificata è la chiave della sua capacità di resistere nei momenti di cambiamento che inevitabilmente si presentano. Le aziende sono anch’esse organismi molto complessi immersi in un ambiente che muta rapidamente, richiedendo risorse per adattarvisi al meglio.
La biodiversità organizzativa: un asset di resilienza per le imprese
Quella che abbiamo chiamato biodiversità organizzativa è la scelta vincente nel mondo interconnesso nel quale le aziende operano. Rifiutarla per pregiudizi ideologici è limitante per le organizzazioni e impoverente dal punto di vista umano e sociale.