Intervista a Chiara Bucello

Costruisco ponti tra mondi diversi

Intervista a Chiara Bucello - ForAll

Chiara Bucello

Influencer, attivista e autrice, lavora come digital strategist e consulente DEI. Ha una laurea e due master nell’ambito della comunicazione e del marketing, e ha lavorato sia nella grafica che come direttrice creativa. Sorda dalla nascita, ha un impianto cocleare e ama definirsi “una persona che vede le voci”. È impegnata in campagne di sensibilizzazione sul web e sui social network ed è stata finalista ai Diversity Media Awards 2024. È siciliana di nascita, ma vive e lavora a Milano, dove ha fondato, insieme a Ludovica Billi, The Deaf Soul, portale per la comunicazione e l’informazione delle persone con disabilità uditive. Sempre insieme a Ludovica Billi, è autrice di “Facciamo Rumore” (Trèfoglie, 2024), un libro che si rivolge non solo alle persone sorde, ma anche a chi non ha mai avuto contatti con la sordità, e che ha l’obiettivo di creare un ponte tra due mondi.

Esistono tre tipi di disabilità: fisica, mentale e sensoriale. Tra quelle sensoriali, la sordità viene chiamata “disabilità fantasma” perché non comporta l’uso di ausili immediatamente visibili ed è quindi meno riconoscibile. Questo ha portato per molto tempo Chiara Bucello a vergognarsi, a fare finta di sentire per non ammettere con gli estranei la propria diversità.

Chiara infatti è sorda dalla nascita ed è un’oralista, cioè non usa la lingua dei segni (LIS), ma comunica attraverso la lettura del labiale e grazie a un impianto cocleare. Con la pandemia però, quando all’isolamento sociale si è aggiunta l’impossibilità di comunicare con le persone a causa della mascherina, in lei è scattato qualcosa e Chiara ha deciso di esporsi con il suo canale Instagram raccontando le sue piccole e grandi difficoltà quotidiane e spiegando, senza dare niente per scontato, come si potrebbe comunicare meglio tra udenti e non udenti.

Adesso usa questo approccio anche come consulente nelle imprese, per garantire alle persone con disabilità una voce e una rappresentazione rispettosa, non abilista e più umana.

Chiara, tu parli della tua vita di persona sorda in modo molto divertente e autoironico, ma non è sempre stato così e il tuo è stato un percorso di autoconsapevolezza, che ti ha portato ad aprirti e a raccontarti. Chi sono stati i tuoi migliori alleati/e in questo percorso?

I miei migliori alleati sono stati sicuramente la mia famiglia e alcune persone che ho conosciuto grazie ai social, con cui ho condiviso esperienze e riflessioni. Anche Ludovica Billi, con cui ho fondato The Deaf Soul, è stata fondamentale: lavorare insieme mi ha dato la spinta per aprirmi e raccontarmi senza filtri. Inoltre, il confronto con persone udenti curiose e aperte mi ha fatto capire che parlare della mia esperienza può avere un grande impatto.

Secondo te, avere "un senso in meno" ha fatto sì che tu acquisissi delle competenze che si sono poi rivelate utili, nella vita e nel lavoro?

La mia esperienza di vita come persona sorda mi ha spinto a sviluppare competenze uniche, come la capacità di percepire dettagli che spesso passano inosservati agli altri. Questo mi ha aiutato a lavorare in modo più efficace, con un’attenzione particolare alla comunicazione chiara e diretta, che è fondamentale nel mio lavoro.

Come è stato il tuo ingresso nel mondo del lavoro? Hai incontrato delle difficoltà o delle barriere? In che modo sei riuscita a superarle?

All’inizio è stato complesso. Molte aziende non sapevano come approcciarsi alla mia sordità e io mi sentivo in dovere di dimostrare di essere “alla pari”. Ho superato queste barriere puntando sulla mia preparazione e imparando a parlare apertamente delle mie esigenze. Inoltre, ho sempre cercato di trasformare ogni difficoltà in un’occasione per educare chi mi stava intorno.

Oggi ti occupi di comunicazione e divulgazione, per aumentare la conoscenza delle disabilità uditive e le interazioni tra udenti e persone sorde. Da questo punto di vista, le aziende stanno diventando più inclusive?

Ho trovato aziende curiose e pronte ad ascoltare, ma spesso manca una reale comprensione delle esigenze delle persone sorde. Molto spesso si fermano alle buone intenzioni, senza passare all’azione concreta. Tuttavia, noto un lento ma costante cambiamento: sempre più imprese cercano formazione sull’accessibilità e questo mi fa ben sperare.

C’è ancora tanto lavoro da fare, ma il primo passo è sempre la consapevolezza.

Tu sei anche imprenditrice e con Ludovica Billi hai fondato The Deaf Soul. Quale vantaggio pensi che possa trovare un'azienda nello scegliere un fornitore come voi?

Un’azienda che sceglie di collaborare con The Deaf Soul dimostra concretamente il suo impegno per l’inclusione. Noi offriamo non solo servizi di alta qualità, ma anche una prospettiva unica che valorizza la diversità. Credo che il nostro lavoro vada oltre il semplice servizio: è un modo per costruire ponti tra mondi diversi.

Tu appartieni a diversi gruppi sottorappresentati: per il genere, per la disabilità, per l'orientamento sessuale. Senti di dover combattere contro diversi tipi di pregiudizi e di stereotipi in base a queste tue caratteristiche?

Sento spesso di dover affrontare pregiudizi su più fronti, ma questa consapevolezza mi dà anche una forza enorme. Mi definirei un’attivista intersezionale, perché le mie esperienze sono il risultato di tante identità che si intrecciano. Questa parola per me significa riconoscere la complessità e l’unicità di ogni percorso, senza semplificazioni.

Pensi che ad oggi i tuoi diritti come persona siano pienamente rispettati?

C’è ancora molta strada da fare. Ci sono stati progressi, ma mi rendo conto che i diritti delle persone sorde e di altri gruppi sottorappresentati sono spesso “dimenticati”. Serve maggiore sensibilizzazione, ma soprattutto azioni concrete per abbattere le barriere, non solo fisiche ma anche culturali.

Extra

Facciamo rumore

Facciamo rumore è un libro scritto da due persone sorde per persone sorde che hanno paura di uscire allo scoperto, ma è anche per persone non sorde che non hanno la minima idea di cosa significhi essere sorde, ed è anche per chi non vuol sentire e si chiude in casa, isolandosi nel mondo digitale. Chiunque leggerà queste pagine condividerà il proprio bagaglio di silenzio e sentirà il bisogno di fare rumore con le autrici. La sordità è una delle tante normalità stigmatizzate come anormalità da nascondere. Se sei una persona sorda (oppure no) e provano a farti sentire anormale, non ce l’hanno con te: è un atteggiamento che utilizzano con chiunque, è una loro paura, un problema di fragilità. Noi crediamo che qualunque forma di comunicazione possa indirizzare, salvare, illuminare, così come può sperdere, spegnere, estinguere, escludere. Basta scegliere. Non scegliere il silenzio, scegli di fare rumore.

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